Richiesta equa riparazione per violazione dei termini del processo

Cos’è Chiunque abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1 della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione. Il principio di un termine ragionevole di durata dei procedimenti non trova applicazione nel processo tributario, fatta eccezione per le controversie di natura civilistica che non attengono, quindi, all'ammontare del tributo ma solo ad aspetti consequenziali o di natura penale. Una indicazione derivante dalla giurisprudenza formatasi in sede comunitaria aveva individuato i parametri temporali di ragionevole durata del processo in:
  • tre anni per il processo di 1° grado (Tribunale)
  • due anni per il processo di 2° grado (Corte d’Appello)
  • un anno per il processo di 3° grado (Corte di Cassazione)
  • tre anni nel procedimento di esecuzione forzata
  • sei anni nelle procedure concorsuali
specificando comunque che si trattava di tempi con valore orientativo, ma non tassativo. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso.
Ad ogni buon conto, nell'ordinamento giuridico non è rinvenibile una regola fissa o un principio da cui poter ricavare la misura della durata di un processo, anche se il Giudice può tener conto dei dati oggettivi posti alla base di ciascuna controversia.
Il giudice liquiderà una somma compresa tra 500 euro e 1.500 euro, per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo, e che comunque non potrà mai essere superiore al valore della causa. Invece il danno sarà considerato integrato ed esistente solo se risultino superati i sei anni di durata del giudizio .
Tuttavia, qualora la domanda sia ritenuta inammissibile o manifestamente infondata, il ricorrente potrà essere condannato al pagamento di una somma non inferiore a 1000 euro e non superiore a 10.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Normativa di riferimento Legge 4 agosto 1955, n. 848
Legge 89/2001 c.d. Legge Pinto, come modificata dalla Legge 134/2012
Come si richiede e documenti necessari Può richiederla chiunque abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1 della Convenzione.
La richiesta risarcitoria si introduce con richiesta presentato ad un giudice monocratico presso la Corte d’Appello (presidente della Corte d’Appello o magistrato designato).
La domanda di riparazione può essere proposta solo a conclusione del processo, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva. La data a partire dalla quale si fa decorrere il termine dei sei mesi è:
  • in relazione al giudizio di cognizione, il passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce;
  • in riferimento al procedimento di esecuzione, il momento in cui il diritto azionato ha trovato effettiva realizzazione.
La Corte di Appello, entro 30 giorni dal deposito della domanda, deve pronunciarsi con decreto immediatamente esecutivo ed impugnabile in Cassazione. Prima di poter ricorrere alla Corte di Giustizia occorre aver percorso necessariamente i gradi del ricorso in Corte d’Appello e quello del successivo in Cassazione. Il decreto di accoglimento della domanda è comunicato a cura della Cancelleria, oltre che alle parti, al Procuratore Generale della Corte dei Conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento. Il diritto all'equa riparazione spetta a tutte le parti del processo, attori o convenuti, indipendentemente dall’esito del giudizio presupposto e dal fatto che esse siano risultate (o destinate ad essere, per giudizio ancora in corso) vincenti o soccombenti in sede civile o condannate in sede penale. Il diritto allo svolgimento del processo entro un termine ragionevole è riconosciuto esclusivamente con riferimento alle parti in causa, e non anche ai soggetti che siano ad esso rimasti estranei, ritenendo non rilevante che l’eventualità che questi ultimi possano aver subito danni legati al protrarsi del processo.
Nel caso di un giudizio penale la persona offesa dal reato ed il querelante sono legittimati a chiedere l'indennizzo solo a patto che si siano costituiti parte civile nel processo penale. Legittimato attivo è anche il fallito, anche se egli formalmente non è parte in giudizio (lo è il curatore). Il diritto all'equa riparazione va riconosciuto anche in favore degli eredi della parte che abbia introdotto il giudizio (anche antecedente all’entrata in vigore la legge 89/2001 c.d. Legge Pinto), a patto che la domanda di equa riparazione non sia stata già proposta alla Corte di Strasburgo e che questa si sia pronunciata sulla sua inammissibilità.
Non è possibile chiedere e ottenere alcun indennizzo nei seguenti casi:
  • in favore della parte soccombente condannata a norma dell’art. 96 c.p.c. per lite temeraria,
  • nel caso in cui la domanda del ricorrente sia stata accolta in misura non superiore alla proposta conciliativa,
  • nel caso in cui il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa,
  • nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte; o quando l’imputato non abbia depositato istanza di accelerazione del processo penale nei 30 giorni successivi al superamento dei limiti di durata considerati ragionevoli dall’art 2 bis della legge in discorso;
  • in via residuale, ogniqualvolta sia constatabile un abuso dei poteri processuali che abbia procrastinato ingiustificatamente i tempi del procedimento.
Se la domanda risarcitoria non viene accolta, essa non può essere ripresentata e si può solo procedere con l’opposizione al diniego, entro il termine tassativo di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione del decreto. La Corte d’Appello di pronuncia con decreto impugnabile per Cassazione entro 4 mesi dal deposito del ricorso al diniego.
Dove si richiede La domanda di equa riparazione si propone dinanzi alla Corte di Appello del distretto in cui ha sede il Giudice competente ai sensi dell'articolo 11 del c.p.p. a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito, ovvero pende, il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata.
NB: i procedimenti la cui domanda di equa riparazione è ricevuta presso la Corte di Appello sono  quelli che hanno come distretto di appartenenza quello della Corte di Appello di Messina. La domanda di equa riparazione dei procedimenti che hanno come distretto di appartenenza quello della Corte di Appello di Reggio Calabria vanno presentate alla  Corte di Appello di  Catanzaro.
Le informazioni di carattere specialistico per la richiesta di prestazioni sono rilasciate dal Front Office.
Costi La procedura è esente da contributo unificato, è previsto invece il pagamento di € 8,00 per diritti di notifica.